www.malnate.org dall'Architetto Poeta
Enrico Berté vive a Malnate.
Lo incontriamo nel suo studio il 25 luglio 2007 attorno a mezzogiorno.
Guardando dalla finestra, ci stupiamo nel vedere uno scorcio del Monte Rosa, al posto delle tegole alle quali siamo abituati dalla mansarda della nostra sede distante poche decine di metri.
A proposito del panorama malnatese, Berté si rammarica in prima persona, in qualità di rappresentante della categoria, per non aver apportato un contributo sufficientemente forte affinché l'architettura concedesse un tempo all’incontro, allo scambio, al piacere della sosta e della meditazione in questa "nostra" Malnate.
Affabile e premuroso, lascia la sua matita sul tavolo da disegno ove bozzetti suscitano un'inattesa emozione. Ci parla dell’architettura organica, che, rispetto a quella razionale, è utile anche dal punto di vista psicologico; è la ricerca dell'armonia tra l'uomo e la natura, tra gli elementi artificiali e quelli naturali, che, fondendosi, producono un unico organismo architettonico. Descrive alcune immagini incorniciate ai muri che riproducono sue opere e raffinate ristrutturazioni in varie città italiane e ci porta ad una piccola fotografia ove è raffigurato nei pressi della Casa Sulla Cascata di Wright, durante un suo recente viaggio in Pennsylvania.
Si sposta ad indicare un'istantanea alla "Notre Dame du Haut", a Ronchamp, di Le Corbusier, spiegandoci i concetti fondamentali che distinguono le differenti scuole di pensiero dei due architetti, ci porta a "sentire" l'energia del suo interagire con la pluralità dell'esistente.
Ci invita alla scrivania e il suono delle parole si tinge dei colori dell’ultima guerra mondiale, scolpisce l'entusiasmo di un vivere secondo coscienza, mai disatteso ma condiviso in molte occasioni. Ricorda, a Milano, le voci di
Salvatore Quasimodo, durante gli anni in cui quest'ultimo si dedicò con passione all'opera di traduttore sia di autori classici che moderni e svolse una fervida attività giornalistica, dando il suo contributo soprattutto con articoli di critica teatrale ;ricorda
Eugenio Montale, quando questi, diventato collaboratore del "Corriere della sera", scrisse critiche musicali e reportage culturali da vari paesi, in un momento di cupa solitudine nell'appartamento milanese di via Bigli dove il mistero del quotidiano scortava la delusione di un poeta che non voleva dirsi tale; ricorda.
Renato Guttuso: "La pittura è il mio mestiere. Cioè è il mio mestiere ed il mio modo di avere rapporto con il mondo. Vorrei essere appassionato e semplice, audace e non esagerato. Vorrei arrivare alla totale libertà in arte, libertà che, come nella vita, consiste nella verità."
Tutte qureste voci, insieme a quella di Enrico Berté, evocano le infinite ricerche spese anche nelle pause di lavoro al bar “Giamaica” nella Milano negli anni ‘50.
Berté narra del suo amore per la Poesia, dei riconoscimenti ricevuti che sempre lo intimidiscono e appunta su di un taccuino un impegno professionale testé sopraggiunto con una telefonata.
Siamo rapiti dalla freschezza con la quale abbraccia la storia e la contemporaneità.
Una stretta, la sua, che esclude ogni deflessione dai principi di onestà intellettuale che da sempre gli appartengono.
“L’Architetto Poeta”, sempre pronto ad andare oltre, sempre attento a non scordare, sempre capace di rifiutare le pochezze e i condizionamenti edonistici!
Prima di lasciarci, prende tra le mani una copia del suo ultimo libro "Momento magico", scrive una dedica e ci saluta con il proposito di mantenere i contatti per ogni nuovo progetto destinato alla collettività. |
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Enrico Berté, nato a Milano nel 1924, è architetto libero professionista, presidente del Collegio probiviri degli ingegneri ed architetti di Milano.
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Durante l'ultima guerra è stato deportato nei lager in Germania ed avendo rifiutato la liberazione per non collaborare con i nazisti, nel 1944 è stato assegnato ad un Campo di Lavori Forzati .
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Questa esperienza ha segnato profondamente anche il suo lavoro in poesia.
In seguito agli avvenimenti ricordati gli sono state conferite molte onorificenze, tra cui quella di Volontario della libertà e di Cavaliere della Repubblica
Nel 1991 è risultato vincitore al Premio Letterario Internazionale "Lions Milano" al Cenacolo Vinciano
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Nel 1992 si è classificato al secondo posto al Premio Iniziative Letterarie di Milano
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Nel 1993 è risultato vincitore del Premio Letterario Internazionale "Lev Tolstoj" a Roma
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Negli anni 1994 - 1995 ha conseguito altri riconoscimenti tra i quali il 2° Posto ex aequo al Premio
"Iniziative Letterarie '94" di Milano
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Sue poesie sono pubblicate in antologie e riviste specializzate
2006
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"Poesia del ricordo e dei sentimenti, quadri tracciati senza nostalgia, bensì con la forza del vivere nel quotidiano quegli eventi del passato che ancora continuano a restare vivide piaghe pronte a riaprirsi al primo muoversi di foglia. Con uno stile abilmente essenziale, controllato, che ha come punti di riferimento i lirici greci e latini e, nel Novecento, Ungaretti, Quasimodo, Luzi. Così la poetica della memoria in Bertè diventa suono, ritmo, lingua, strumento di conoscenza e dubbio. Quasi in punta di piedi il poeta lancia ai suoi contemporanei la provocazione dell'attesa."
Franco Manzoni |
Architetto Enrico Berté
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Rivisitando Wright quarant'anni dopo...............................
La Casa sulla Cascata
Fallingwater, una delle opere più acclamate di Frank Lloyd Wright, fu progettata nel 1936 per la famiglia di Edgar J. Kaufmann. Proprietario dei grandi magazzini di Pittsburgh.
Il punto focale della casa è la cascata sulla quale essa è costruita. Questa cascata era stata un richiamo per le attività della famiglia, che aveva indicato la zona circostante come il luogo per un'eventuale casa. I Kaufmann si trovano impreparati però al suggerimento di Wright di costruire la casa sopra la cascata piuttosto che affacciata su di essa. Ma il progetto iniziale dell'architetto fu adottato quasi senza cambiamenti.
Completato con un annesso per ospiti e servizi nel 1939. Fallingwater fu costruita con pietra arenaria proveniente da una cava sulla proprietà e rifinita da artigiani locali. Queste pietre serviranno per separare i cosiddetti "vassoi" in cemento armato, formando i livelli per le zone "giorno" e "notte" costruiti così drammaticamente a sbalzo sul corso d'acqua.
Fallingwater fu la casa per la fine settimana della famiglia Kaufmann dal 1937 fino al 1963 quando la casa, il suo contenuto ed i terreni, furono donati alla Commissione per la Tutela della Pennsylvania occidentale da Edgar Kaufmann Jr.
Fallingwater è l'unica grande casa di Wright che, con l'ambiente circostante, i mobili e le opere d'arte originali, sia rimasta intatta.
Nel 1986 Paul Goldberger, critico d'architettura per il New York Times, scrisse: "Questa è una casa che rappresenta la somma dei concetti architettonici del XX secolo e che poi ha proiettato il secolo ancora più avanti. Dentro questo straordinario edificio Frank Lloyd Wright ha ricapitolato i temi che lo avevano impegnato da quando aveva iniziato la carriera 50 anni prima, ma senza riprodurli letteralmente. Infatti, egli aveva gettato la sua rete a coprire una zona molto più vasta, integrando il modernismo europeo e il proprio amore per la natura e per l'audacia strutturale, unendo l'insieme in una totalità risoluta in modo brillante.
Fallingwater è la più grande proiezione di Wright nello spazio orizzontale, è il suo potente pezzo di dramma strutturale, è la sua più sublime integrazione fra uomo e natura.
Per visitare la Casa sulla Casacata.
Più di due milioni di persone hanno visitato Fallingwater da quando è stata aperta al pubblico nel 1964. La casa si trova a metà strada fra i villaggi di Mill Run e Ohiopyle in Pennsylvania, a circa 2 ore di automobile da Pittsburgh.
Fallingwater è aperta per le visite dal 1° di aprile fino a metà novembre, ogni giorno tranne il lunedì, dalle ore 10 alle 16.
Per una visita meno affollata si consiglia di recarsi nei giorni feriali. Occorre prenotare per garantirne l'ammissione.
Da metà novembre fino a fine marzo Fallingwater è aperta solo per weekend, tempo permettendo. Tour infrasettimanali sono possibili previo accordi speciali. Il costo di ammissione è di 8 dollari - infrasettimanale- e di 12 nei fine settimana.
Non è ammessa la visita non guidata. Se tutti i tour sono pieni, però, i visitatori possono visitare il parco e vedere la casa dall'esterno per 5 dollari. Tour approfonditi della durata di 2 ore sono disponibili solo previa prenotazione in anticipo al costo di 30 dollari (35 dollari nel
weekend). Per questi tour è permesso fotografare. Prenotazioni per gruppo devono essere fatte almeno tre settimane prima della visita. Il tour normale dura circa 45 minuti. Tutti i profitti sono devoluti alla preservazione della casa. Il padiglione dei visitatori offre un caffè, un asilo per bambini e un negozio per cartoline, film, libri ed articoli da regalo. E' possibile noleggiare cassette che descrivono il tour in lingue straniere. La fotografia è permessa solo durante la visita approfondita.
Il Tour è per adulti e si raccomanda di lasciare i bambini sotto i 9 anni di età, nell'apposito asilo.
I picnic e i cani non sono ammessi nel parco.
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Dalle meorie di un ex studente della facoltà di architettura del Politecnico di Milano
Intorno all'anno 1950 al Politecnico di Milano nella facoltà di architettura, un fenomeno particolare aveva diviso in due parti opposte studenti ed assistenti. I professori, in quel tempo, appartenevano quasi ad una casta d'intoccabili e, seppure potevano avere una loro opinione, di certo non la esprimevano agli studenti, semmai la lasciavano intendere.
Mi riferisco alla divisione che esisteva ra gli estimatori (oggi si chiamerebbero "fans") dell'opera architettonica di Frank Lloyd Wright e di quella di Charles-Eduard Jeanneret che nel 1920 aveva adotato lo pseudonimo di Le Corbusier. Una parte degli sudenti si riconosceva nell'architettura organica di F. L. Wright, nell'ideale di progettazioni e realizzazioni architettoniche legate all'ambiente ed alla sua terra mentre l'altra parte di studenti, nell'architettura funzionale di Le Corbusier, vedeva risolto ogni problema connesso all'uomo ed alla società, in un'ipotesi di "Ville Radieuse" .
E, per lo meno tra gli studenti del mio corso si diceva che la più evidente espressione di architettura organica fosse la Casa sulla Cascata di F. L. Wright, mentre quella dell'architettura funzionale fosse l'Unité d'Habitation a Marsiglia di Le Corbusier dalla sua formula "machine à habiter" . E non posso nemmeno tentare di mettere per iscritto la foga, l'entusiasmo, la passionalità delle due diverse fazioni di studenti che talvolta diventavano aspre e rabbiose così come oggi fanno i sostenitori delle squadre di calcio, ad esempio i milanisti e gli interisti. Un'occasione per scatenare la violenta reazione (verbale!) delle due squadre di studenti wrightiani e lecurbusieriani avvenne intorno all'anno 1950, quando si tolsero i ponteggi ed i materiali che |
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da tempo coprivano alla vista dei passanti le facciate dei ricostruiti magazzini "La Rinascente" ed esse apparvero agli occhi degli studenti, così divisi tra architettura organica e ed architettura funzionale un "non senso" architettonico come se l'opera del pur bravo architetto Reggiori, fosse un insoluto agli uni e agli altri e, per la prima volta, per lo meno, gli studenti del mio corso ed io con loro, fummo d'accordo nel fare una marcia sul piazzale del Duomo per fare l'unica contestazione architettonico-culturale dell'epoca.Nessuno poteva accusarci d'averlo fatto per interesse o per invidia perché non eravamo ancora laureati, iscritti all'Ordine professionale e non avevamo quindi depositate le firme all'Ufficio verifica firme del Comune di Milano. |
Chiedo scusa al compianto collega Reggiori della mia partecipazione alla contestazione di allora, tuttavia qualche motivo c'era in quell'opera per procurare un dispiacere ai milanesi e non ai soli studenti di architettura. Oggi polvere, guano di colombi e smog hanno armonizzato l'architettura de "La Rinascente" con quella dei fabbricati progettati dall'architetto Mengoni e pertanto non si notano più i colori dei materiali ed i particolari costruttivi che al momento della presentazione delle facciate al pubblico sulla piazza e sulle vie San Raffaele e Santa Radegonda in qualche modo avevano giustificato la presa di posizione degli studenti del Politecnico. Anni dopo un complesso edilizio interromperà addirittura la sequenza dei portici di Corso Vittorio Emanuele II senza tuttavia che da parte dei cittadini e degli uomini di cultura venisse espressa un'opinione di dissenso.
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Invece a quell'epoca wrightiani e lecurbusieriani si sentirono uniti nella disapprovazione, come milanisti ed interisti quando i giocatori della propria squadra fanno parte della nazionale italiana alle Olimpiadi. Ma devo aggiungere, con una punta di malizia, che avendo vista la "machine à habiter" a Marsiglia di Le Corbusier , ai tempi della contestazione da parte degli stessi cittadini francesi, ho avuto anni dopo il piacere di rappacificarmi con l'architettura di Le Corbusier a Ronchamp nella Chiesa di Notre Dame du Haut nei pressi di Vesoul, dove dentro e fuori ho trovato quell'equilibrio, quel senso dell'armonia, quel tocco magico di poesia che, a mio avviso, fa di quell'opera un classico esempio di architettura organica. |
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anno 2006 Dal diario di viaggio di un architetto milanese in U.S.A.
Dopo quasi mezzo secolo dalle vicende sopradescritte ho avuto l'opportunità di visitare la Casa sulla Cascata di F. L. Wright e, come sostenitore dell'architettura organica, ho sentito il desiderio di scrivere al Giornale ( Giornale dell'Ingegnere) sperando che le annotazioni riportate nell'articolo possano essere d'interesse dei colleghi. Per poter visionare Fallingwater ho provveduto per tempo a fare prenotare la visita tramite i miei suoceri che risiedono a Washington.
Dalla Virginia, attraverso il Maryland e percorrendo la strada tra i boschi d'acero della Pennsylvania, dopo quattro ore d'automobile tra pioggia e nebbia (che mi sembrava d'essere nella pianura padana e per mia fortuna erano alla guida i miei cognati) arrivammo a Fallingwater e, come per incanto o forse in premio all'invecchiato studente wrightiano, troviamo ad accoglierci un sole splendente sugli aceri già con le foglie dai colori verde e rosso fuoco.
A gruppi di una decina di persone veniamo accompagnati nella visita dentro la casa. Non facendo parte di un tour approfondito, non si possono fare che fotografie dall'esterno della casa ed all'interno s'incontrano sorveglianti dislocati in punti strategici nei vari piani che ai turisti, perentoriamente, raccomandano "no flash!".
Si possono ammirare nel "living room" e negli altri locali tutti i particolari costruttivi, gli impianti, le opere di finitura e gli arredi, progettati da Wright oppure scelti con un perfetto accordo tra committente ed architetto. La signora che fa da cicerone durante la visita fornisce spiegazioni e tra l'altro precisa che Kaufmann era un uomo di cultura che aveva capito l'opera del suo architetto e che il costo dell'intera costruzione è stato di circa quattro volte superiore ad una normale costruzione dell'epoca.
Come si usa da queste parti, al termine della visita, l'accompagnatrice chiede se abbiamo qualche domanda da rivolgerle.
Tramite mia moglie, che mi fa da interprete, chiedo di quanti metri cubi si compone il fabbricato e quanto è la superficie utile calpestabile. Notando lo smarrimento da parte dell'accompagnatrice, correggo il tiro e faccio tradurre"... superficie coperta". Continuando lo stato di smarrimento, infatti l'accompagnatrice stava cercando di calcolare quanto cemento Wright avesse fatto usare durante la costruzione, mi accorgo di aver fatto una domanda creina che per giustificazione aveva soltanto il fatto che io sono un architetto che lavora a Milano e che anche a Fallingwater aveva in testa "S.L.P.", "S.U.", "S.P.P." e così via. Per interrompere il disagio dell'accompagnatrice, di mia moglie, dei cognati e degli altri visitatori che non avevano capito niente delle mie domande, faccio tradurre: "come architetto italiano esprimo la mia ammirazione per questa opera di F. L. Wright" e ciò tra la soddisfazione generale dei presenti. All'uscita abbandono il gruppo e, saltellando nel bosco come un fauno, scatto 24 fotografie. Mi accorgo di sembrare il matto di "the crazy man" agli occhi dei turisti americani e stranieri ma so pure che mi si deve perdonare. Infatti, da circa mezzo secolo avevo sognato d'essere qui e saltello con la "Canon" tra americani e giapponesi che si fotografano a vicenda ma io fotografo "Architettura organica" e le strutture sull'acqua e l'acqua sotto le strutture ed i volumi orizzontali perpendicolari ai tronchi degli aceri e paralleli a qualche ramo di acero o di "dogwood" , ma l'acqua soprattutto e l'ambiente che ha ispirato l'architetto rispettoso della terra e dell'acqua, degli alberi e delle pietre locali.
Cari colleghi se potete, recatevi a
Fallingwater, non è come si vede nelle fotografie, nelle cartoline e nei sacri testi d'architettura. Si deve "penetrare" in quest'opera di Wright per comprendere tutti i significati estetici e morali, soprattutto per il rigoroso rispetto dell'ambiente e dei materiali prodotti dalla sua terra sapientemente assemblati da un grande regista. Infine (e dite poco) per un attimo ero tornato studente del politecnico con lo sesso entusiasmo di allora, contestatore (si fa per dire!) ma soprattutto con circa cinquant'anni di meno addosso (ma forse lo scrivo per crederci!).
Enrico Berté -
da "il Giornale dell'Ingegnere" N: 1 -15. 01.1996 |
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DAI NOSTRI VISITATORI
26 Agosto 2007 23:11 Nome: Mariuccio Bianchi email: mariuccio946@hotmail.com
vorrei proporre una poesia di Enrico Bertè, tratta dalla raccolta "Momento Magico", che mi è molto piaciuta.
Si intitola Alla porta:Tornando a sera/nella tiepida casa/ho trovato un arabo/davanti alla mia porta/non l'ho fatto entrare/ho trovato un ebreo/davanti alla mia porta/non l'ho fatto entrare/ho trovato un negro/davanti alla mia porta/non l'ho fatto entrare/ho trovato uno zingaro/davanti alla mia porta/non l'ho fatto entrare./ Quando morirò/mi presenterò alla Porta/ma Lui non mi farà entrare.
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